L’ex allenatore e giocatore del Milan, Christian Brocchi, che ha giocato nella Fiorentina nella stagione 2005/2006, ha parlato a Radio Bruno della gara tre le due squadre di sabato. Queste le sue parole:
“Quello dei nazionali che mancano è una difficoltà in più per gli allenatori ma ormai è un abitudine quindi devi farci l’abitudine. Milan-Fiorentina può significare tanto per le ambizioni, quando vuoi giocare ad alti livelli passi anche da queste partite. Non penso che Pioli non sia preoccupato delle assenze, anche perché non hai sostituiti a partita in corsa, le squadre nei momenti di maggiori difficoltà tirano fuori di più dal punto di vista emotivo.
Italiano lo apprezzo tantissimo, è un allenatore moderno che ha identità ben chiara. Quando ho sentito critiche a Italiano sugli spazi che concede rispondo che è un allenatore che dà una mentalità di un certo tipo alla lunga vince. Vanno solo fatti i complimenti a lui. Avere identità è il migliori complimento che un allenatore vuol sentirsi dire. Poi ogni squadra ha la sua mentalità.
Penso che gli acquisti della Fiorentina siano stati mirati per far esprimere al meglio il calcio di Italiano. Arthur è un giocatore che non si discute, Bonaventura è un giocatore incredibile, non sono d’accordo con chi dice che migliora con il tempo perché è sempre stato fortissimo. A me dispiace solo che quando ero io al Milan lui è stato spesso infortunato. Lui può giocare ovunque perché è forte.
Io dico sempre che il Milan è la mia famiglia, ci sono stato da quando avevo 9 anni, poi c’è la Lazio che è la mia seconda famiglia, a Roma ho giocato 5 anni. La Fiorentina è stata per me come quando un ragazzino prende una cotta estiva e non se la dimentica più. È stato uno dei miei anni migliori, sono stato benissimo. Ho un ricordo bellissimo dell’esperienza, mi dispiace quando il mio nome non è sempre ricordato tra quelli importanti in quella stagione, ho un ricordo bellissimo dagli applausi della gente dove l’iniziale scetticismo che c’era, i gol realizzati, la cavalcata fatta per andare in Champions. C’era il primo Pazzini, il primo Bojinov, c’erano Toni, Frey, Dainelli, Donadel, Fiore. È stato un qualcosa di incredibilmente bello, mi ha fortificato, mi ha dato gioia. Arrivavo al 90esimo ed avevo ancora voglia di correre per la maglia perché stavo veramente bene con tutto l’ambiente. Prandelli mi schierava al centro, mi ritagliò questo ruolo che mi piaceva tantissimo, recuperavo palla e mi buttavo dentro. Quando hai un allenatore che ti insegna calcio puoi giocare in tutti i ruoli.
Ho giocato con Italiano a Verona ma ci siamo un pò persi, il nostro mondo è pieno di conoscenze ed è molto veloce. A me non piace farmi risentire quando le cose vanno bene. A me è capitato lo stesso e poi quando le cose sono andate meno bene quelle persone sono sparite con una velocità disarmante”
CRISCITO ANCORA PENSA A GENOA-FIORENTINA E LA TRIPLETTA DI MUTU