Raffaele Palladino attuale allenatore del Monza e obbiettivo della Fiorentina per la panchina ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano francese So foot, queste le parole riprese da Tuttomercatoweb: “Passavo il tempo giocando per strada aa Napoli. Era ogni giorno, dopo la scuola. Non succede più molto oggi. Io non sono mai entrato in una scuola calcio prima dei miei tredici anni. Perché? Perché non sono stato spintonato più di questo dai miei genitori. Spero di dire la verità, mio padre aveva un po’ ha rinunciato all’idea di vedere uno dei suoi figli avere successo nel calcio. Il clic è arrivato nel giorno in cui mi ha fatto fare una partitella con alcuni amici suoi. Una volta terminato l’incontro, alla fine prese in considerazione l’idea di iscrivermi una scuola calcio, gli Amici di Mugnano. Mi fece una promessa: “Se un giorno giocherai in Serie A, segnando un gol, smetterò di fumare”. Durante la mia prima partita di Serie A, un Livorno-Lecce del 2005, ho segnato il gol della vittoria”. “Era molto difficile, soprattutto perché all’inizio ero da solo. Sono passato da un giorno all’altro da un ambiente in cui avevo i miei amici, famiglia, fratelli e sorella, a mille chilometri di distanza da casa, appena maggiorenne. Ho dovuto crescere in fretta, stringere i denti, ma ho trovato dei bravi ragazzi che mi ha accolto. Ecco perché oggi capisco perché a volte “perdiamo” i ragazzi. Un il giocatore potrebbe non riuscire mai ad adattarsi al suo nuovo ambiente per molte ragioni. Ho trovato un club molto serio che mi ha fatto crescere. E poi, in quel momento, Ho potuto contare sul sostegno di Ciro Ferrara. Era sul finire della sua carriera, ma mi ha dato molto aiuto “Lo amo, gli devo molto. Prima di entrare in prima squadra dalla Juve nell’estate del 2006, arrivato da due prestiti: uno alla Salernitana, l’altro al Livorno. uando sono tornato mi sono ritrovato durante il ritiro pre-campionato con una serie di campioni immensi: Ibrahimovic, Zambrotta, Thuram, Cannavaro. Andati via dopo poco. Rimarranno Trezeguet, Del Piero, Buffon e Nedved. Se oggi è un amico, Ibra era il mio idolo. Mi avevano soprannominato PallaIbra. Quell’estate ho avuto tante richieste in Serie A, ma Deschamps, dopo avermi visto per un settimana di allenamento, mi ha preso da parte e mi ha detto: “Devi restare qui perché avrai spazio. L’ho ascoltato e non me ne sono pentito: ho giocato a destra, a sinistra, in attacco, alle volte al posto di Del Piero, altre di Trezeguet” “Rimpianti? No, ho dato tutto, ero un grande professionista. A 21-22 anni ero titolare alla Juventus, mi hanno cercato tante squadre come il Manchester United. Non ci volevo andare perché non parlavo bene l’inglese ed ero felice dov’ero. L’unico neo sono gli infortuni: a 24 anni ho iniziato ad avere problemi alle caviglie, ho dovuto operarmi, ho avuto una ricaduta. Fa parte del gioco, ho smesso a 34 anni avendo dato tutto”. “È richiesto da me. Dopo un anno e mezzo credo di potere dire che ce l’abbiamo fatta: l’anno scorso da neopromossi potevamo essere una sorpresa, ora c’è la conferma. Prima di tutto perché la squadra crede in quel che fa, è gratificante per un allenatore sentire la fiducia di un giocatore. La vittoria contro il Milan, per 4-2, è stata magnifica. Uscivamo da un periodo in cui giocavamo bene ma senza vincere, poi abbiamo ottenuto questa vittoria giocando il nostro calcio” “Di entrambi. Di Guardiola ho recuperato i principi del gioco: la ricerca del comando, il fatto di partire da dietro, attaccare con tanti giocatori, essere tecnicamente forti, avere giocatori intelligenti. Direi che c’è questo in comune, poi lui lo fa a livello molto, molto alto e, soprattutto, non credo funzioni copiare tutto. Da una parte devi mettere qualcosa di tuo. Pep non è la mia unica ispirazione, ho preso tanto da Gasperini e Juric. Per esempio: la capacità della mia squadra di essere in grado di attaccare l’avversario molto in alto. Il cuore del nostro gioco è basato sull’occupazione dello spazio. Non è facile spiegarlo, né insegnarlo sul campo. Ma quando i giocatori capiscono vedi i frutti, devi metterli nelle migliori condizioni possibili e poi spetta a loro. A volte ti trovi con un difensore in attacco. Cerchiamo di avere equilibrio, sganciare un difensore quando difendi a tre significa attaccare in modo sicuro spazi liberi, ma anche creare superiorità in ripartenza. Questo l’ho preso da Gasp, mio maestro a Genova. Ha partecipato a rivoluzionare il calcio. Tutti dicevano che non era possibile giocare a tre, lui lo ha fatto”. “Berlusconi ha sempre creduto in me, anche nei momenti difficili, visto che dopo sei partite il Monza aveva solo un punto. Non hanno esitato a darmi le chiavi della squadra, lì per lì ero solo l’allenatore della Primavera. Non potevo crederci, quella mattina. Ho ricevuto la telefonata di Galliani che c’era la possibilità, ma serviva l’approvazione del Presidente. Quindi siamo andati a cena nella sua casa di Arcore, avevo una certa apprensione, perché non l’avevo mai visto di persona. Appena ho varcato la soglia era tutto naturale, semplice, bellissimo. Una persona fantastica, umile, molto competente. Per me è un uomo straordinario dopo un’ora a parlare di calcio, giocatori e politica mi disse che sarei diventato l’allenatore della prima squadra. Poi mi chiese se volevo la squadra immediatamente o dopo la Juventus. Ovviamente ho risposto “ora” (vincendo poi 1-0)”. Era la volontà di Berlusconi, il suo sogno era avere una squadra composta da gran parte di giocatori italiani di talento. Abbiamo cercato, anche dopo la sua scomparsa, di conservare una spina dorsale di giovani giocatori italiani promettenti. Credo che sia un valore aggiunto” “Avevo studiato molto la squadra prima di prenderla in mano. Nella vita devi essere sempre pronto. Sentivo che avevo la possibilità di portare qualcosa, nonostante i miei tre anni di carriera. Ho applicato quello che facevo in Primavera, con un requisito fisico superiore. Il merito è più a livello psicologico”.
ATTACCO INFLUENZALE PER CHIESA
1 commento su “Palladino: “Mi ispiro molto a Guardiola e Gasperini, il mio gioco si basa sull’occupazione dello spazio””