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Kean si racconta: “Andare via di casa a 13 anni è pesante, a quell’età avevo già delle responsabilità”

Firenze, Stadio Artemio Franchi, 06.10.2024, Fiorentina-Milan, foto Lisa Guglielmi. Copyright Labaroviola.com

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Kean si racconta: “Andare via di casa a 13 anni è pesante, a quell’età avevo già delle responsabilità”

Redazione

26 Ottobre · 12:47

Aggiornamento: 26 Ottobre 2024 · 13:31

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In una lunga intervista concessa a Sportweek, Moise Kean si è raccontato ed ha rivelato le difficoltà di partire e andare lontano da casa a soli 13 anni, queste le sue parole:

Hai detto a Dazn: “A 13 anni avevo già grandi responsabilità”.

«È vero. Ero cresciuto soprattutto per strada con gli amici, poi mi sono trasferito a Torino. Sono andato via per giocare a calcio, e le responsabilità derivavano dal fatto che fossi consapevole che dal mio futuro dipendesse anche quello della famiglia. Mia mamma lavorava tanto, mio fratello era lontano, e io avevo la mia famiglia sulle spalle, come è tuttora».

Queste responsabilità ti hanno aiutato a diventare grande in fretta, o, a pensarci oggi, sono state troppo grandi da sopportare, a quell’età?

Più che altro, nei primi mesi mi è mancata la mamma. Però capivo che era il momento di rimboccarsi le maniche e tornare con qualcosa anche per lei».

Hai detto anche:”Non sono stato un figlio facile da gestire”.

«Ero tanto per strada. Mamma faceva i turni in ospedale, a volte tornava la sera tardi e io stavo ancora fuori, girando tra i tornei calcio notturni. Avevo la ritirata alle dieci ma volevo divertirmi e davanti agli occhi avevo solo il pallone. In fondo ero un ragazzo come tutti gli altri».

Cosa ti disse tua madre quando così piccolo partisti per Torino?

«Non voleva lasciarmi andare perché preferiva che studiassi. I dirigenti della Juve le dissero che nel convitto dove sarei andato a stare, avrei pure studiato. Faticarono un po, ma alla fine riuscirono a convincerla».

E tu, hai studiato?

«Sì… (ride). Abbastanza. Però ho smesso prima del diploma, non ci stavo più den- tro: a 16 anni ho esordito in A».

Un’altra tua frase: “Ogni brutto momento è un insegnamento”.

«Ne ho avuti tanti, di brutti momenti. Anche belli, ma sono stati di più quelli brutti. L’ultimo è legato all’infortunio che ha condizionato quasi tutta la scorsa stagione e mi ha impedito di dare il cento per cento nelle partite. È stato un momento buio».

Come l’hai superato?

«La famiglia mi è stata vicina, ma arriva sempre un momento in cui ti ritrovi da solo davanti allo specchio. Mi sentivo triste perché le cose che volevo fare non mi riuscivano. Nella mia testa visualizzavo il tiro, il dribbling, la finta, poi non riuscivo a metterli in pratica e pensavo: “Cazzo, non ci riesco”. Ma sapevo che dopo il buio torna la luce e quindi anche per me sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dimostrato a tutti chi sono e di cosa sono capace».

A questo proposito, hai anche detto: “Mentalmente sono uno davvero forte”.

«Sì. Ho vissuto delle cose che pochi ragazzi possono capire». Fa silenzio, sembra riflettere, poi ripete: «Andare via a 13 anni è pesante».

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