
Ecco l’intervista della Fiorentina a Sasha Kokorin: “Ricordo che cominciavo ad allenarmi molto presto. Non ricordo questi momenti, perché ero piccolo, ma cominciavo a giocare a calcio verso le 6 o le 7 di mattina, poi alle 10 mi recavo in una specie di centro sportivo, dove oltre ad allenarmi frequentavo la scuola.
Ho anche vissuto da solo in un convitto. Poi per tutta la carriera ho continuato ad allenarmi.
In genere avevamo due allenamenti tre volte alla settimana, allenamenti che in genere erano molto lunghi, di due o tre ore. Ma a volte andavo al centro sportivo anche di sera, per giocare con gli altri amici che vivevano là.
La mattina andavo ad allenarmi, poi a scuola, poi tornavo ad allenarmi, e a fine giornata a dormire”.
“Ho capito che sarei diventato calciatore quando avevo 14, 15 anni. Prima giocavo ma senza capire, solo perché mi piaceva il calcio; in seguito ho capito che sarei potuto diventare un calciatore professionista. Poi ho debuttato a 17 anni.
Non credo che sia stato così facile per me diventare calciatore, perché mi sono allenato per moltissimi anni, aspettando il momento di arrivare in prima squadra. Poi, quando sono arrivato in prima squadra, ho cercato di lavorare ancora di più per arrivare in nazionale. Quando sono arrivato in nazionale ho cercato di giocare bene, poi sono riuscito ad arrivare in un altro paese europeo.
La mia prima squadra è stata la Dinamo Mosca, ma sono cresciuto nella Lokomotiv Mosca. Il talento dipende anche dal lavoro. Per quello che ho visto nella mia carriera, puoi avere tanto o poco talento, ma devi lavorare ogni giorno se vuoi ottenere dei risultati.
Curare l’alimentazione, dormire, recuperare. Il recupero fisico è molto importante, intorno ai 24 anni ho iniziato a recuperare molto bene, ma prima non ne capivo l’importanza, perché quando sei giovane ti alleni, poi esci con gli amici…
Dopo mi sono reso conto che se avessi iniziato a dare importanza al recupero fisico a 18 anni, magari avrei evitato alcuni piccoli infortuni, come quello recente.
C’è anche da dire che prima non avevamo i macchinari che ci sono adesso, quando avevo 17-18 anni ad esempio non c’erano i macchinari laser.
Adesso a Firenze abbiamo una persona che si occupa di questo, che cura la nostra alimentazione e che predispone un menu specifico. Cerco di mangiare quello che mi raccomanda questa persona.
Da giovane ovviamente mi piaceva mangiare qualche volta da McDonald’s, o in qualche fast food.
Mi piace la birra, quando capita ne bevo una dopo le partite.
La vodka non mi piace. Chi vive qui, o chi pensa alla Russia, pensa alla birra o alla vodka, ma sono falsi stereotipi. Ovviamente se ti piace la vodka la bevi, non importa se sei russo o italiano, ma ai russi non piace bere troppa vodka, una quantità normale. Lo stesso vale per il vino. In Italia vedo che è normale, quando si va a pranzo o a cena, bere un bicchiere di vino. In Russia mangiamo senza bere vino.
Curare l’alimentazione e il recupero è fondamentale”.
“Il calcio è quello che so fare, credo sia la mia vita, perché mi alleno da 20 anni. Sì, credo che il calcio sia la mia vita.
È l’aspetto più importante della mia vita perché la maggior parte delle emozioni le provo quando gioco, quando segno, quando arrivo allo stadio e vedo il pubblico.
Quello che vedo in Italia è che i tifosi sono fanatici per il calcio, perché tutti parlano della partita 2-3 giorni prima e 2-3 giorni dopo.
Gli ultimi mesi senza tifosi sono stati difficili. Credo sia stato il secondo periodo più significativo della mia carriera da questo punto di vista, perché nel 2018 ho avuto un infortunio grave, al legamento crociato, e ultimamente ho avuto questo problema muscolare, che non mi era mai capitato prima, per cui non capivo bene come riuscire a recuperare.
Il calcio è la mia vita”.
“Prima di firmare il contratto ho parlato con Barone, Pradè e tutti mi hanno detto che Firenze è una bellissima città.
Quando sono arrivato ho notato che è una città ricca di storia, con molti bellissimi posti.
Per quello che ho sentito durante gli allenamenti e in queste prime partite sono straordinari.
Per quello che ho visto finora, e lo dicono tutti, quando i tifosi avranno la possibilità di tornare allo stadio a Firenze, con lo stadio pieno sarà straordinario”.
“Capisco molte parole ma non capisco come strutturarle. Capisco quello che vuole il mister e che cosa dicono i miei compagni, ma per ora capisco e basta.
Parlo un pò di più con Dragowski, perché è polacco, quindi di un paese non molto distante dalla Russia. Lui mi capisce visto che la lingua polacca è molto simile al russo. Parlo anche con Dusan Vlahovic e Milenkovic, anche con loro ci capiamo molto bene, con loro parlo anche in inglese. Quando voglio parlare mi sforzo di farlo in italiano o in inglese”.
“Per me adesso l’obiettivo più importante è quello di essere pronto, dal punto di vista fisico, e di giocare. Non mi interessa se da attaccante, a destra, a sinistra, al centro, da difensore.
Vorrei solamente giocare e trovare continuità”.
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