Ad ostacoli, ma sempre di corsa. La velocità è la dote migliore di Christian Kouamé, ma ad appena 22 anni ha già dovuto imparare che la vita spesso costringe a traiettorie particolari.
Da Sesto Fiorentino, dove è sbarcato da ragazzino dallaCosta d’Avorio, a Firenze, dove arriva adesso da attaccante viola, la distanza è breve ma il percorso è stato lungo e pieno di imprevisti. L’ultimo, il grave infortunio al ginocchio che lo ha fermato quando era finito nel mirino delle big della serie A e non solo, forse paradossalmente è quello che lo ha portato alla Fiorentina, che ha sfruttato l’occasione per anticipare la concorrenza e scommettere su di lui.
Eppure la sua prima squadra in Italia è stata appunto la Sestese, a due passi dal capoluogo. Arrivò nel 2013 a neppure 16 anni scoperto dal presidente del Prato, Paolo Toccafondi, in un viaggio ad Abidjan su imbeccata di Ghislain Akassou, ex giocatore dei lanieri e oggi procuratore, che lo ha scovato nel villaggio di Bingerville: 185 centimetri di leggerezza, quella che ha quando galoppa come una gazzella o sorride adesso per aver realizzato il sogno di diventare calciatore imitando l’idolo Drogba nelle partite in strada fino al tramonto, la sua scuola calcio.
Il patron dei biancazzurri in collaborazione con quello della Sestese, Filippo Giusti, portò Christian in Italia assieme ad altri 3 ivoriani. Le modalità con cui lo ha fatto sono state oggetto di un’inchiesta della Procura di Prato che ipotizza irregolarità di vario tipo, quasi una «tratta» di giovani giocatori africani: accuse per le quali Tocafondi è sotto processo (mentre Filippo Giusti e due agenti hanno patteggia-mto) e sul piano sportivo ha pagato con una squalifica di 20 mesi. Uno di quei ragazzi era stato poi vicino alla Fiorentina, ma non arriverà mai in viola.
Quando è esploso il bubbone, nel 2017, Kouamé invece aveva già lasciato la Toscana mettendosi in luce in serie B, al Cittadella:11 gol e altrettanti assist che gli valgono la chiamata del Genoa con cui nella scorsa stagione ha fatto sfracelli finché ha giocato in coppia con Piatek, prima che il polacco andasse al Milan.
Quest’anno è ripartito alla grande, veloce come il vento, fino all’infortunio nella Coppa d’Africa under 23. Un altro brusco stop, non il primo. Agli esordi da giovanissimo in Eccellenza alla Sestese è seguito infatti un campionato nelle giovanili del Sassuolo, che lo ha rispedito al Prato.
Dove ha debuttato tra i professionisti in Lega Pro, ma prima della tappa decisiva in Veneto e di spiccare il volo c’è stata una seconda parte di stagione nella Primavera dell’Inter e un altro ritorno a casa. Perché Alessio Vignoli, segretario del Prato che lo ha preso in affido, è stato per la «pantera» — come lo chiamano a Genova — davvero un secondo padre, assieme alla compagna Angela e al piccolo Niccolò, la sua famiglia italiana.
Corriere fiorentino