
Un gesto d’amore. «È la seconda volta che lascio la Fiorentina. La prima per volere di altri, oggi per una mia decisione». Cesare Prandelli saluta Firenze, la città che lo ha adottato, un punto fermo della sua vita, con una lettera aperta dura, dolorosa, vera. Dopo quattro mesi e mezzo di lavoro appassionato si è trovato a fare i conti con sé stesso e le sue fragilità. Prandelli ha sempre voluto tornare, sin dal giorno in cui con entusiasmo aveva abbracciato la Nazionale e non ci ha pensato due volte a rispondere all’appello di Rocco Commisso, all’inizio di novembre, forse sottovalutando le difficoltà che avrebbe trovato sulla sua strada.
I mesi viola sono stati una specie di calvario per i risultati che non sono stati all’altezza delle aspettative, le sue prima ancora di quelle della gente. Ma anche perché si è sentito troppe volte solo a gestire una squadra che squadra non lo è quasi mai stata. Si aspettava anche un aiuto più concreto dalla società e forse da qualche giocatore importante.
Ma alla fine dei conti ha pesato soprattutto il fatto di non essere riuscito a ribaltare la situazione e la classifica, a dare ai tifosi viola quello che volevano: una Fiorentina vera. «So che Firenze capirà e sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la vita non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi».
Il calcio litigioso di oggi, in cui prevale l’arroganza, non gli piace. «Si parla troppo poco di pallone e troppo di tutto il resto», non si stanca mai di ripetere. I primi segnali di difficoltà sono arrivati dopo la sconfitta di Genova contro la Sampdoria lo scorso 14 febbraio e ancora, più forti, la sera della bellissima vittoria a Benevento. Bastava guardare la sua faccia stravolta per capire che qualcosa non andava.
Prandelli si è illuso di poter lottare contro i suoi demoni, ma domenica contro il Milan ha capito che doveva fare un passo indietro. La rimonta prima fatta e poi subita, la tensione debordante sotto forma di tachicardia. Momenti duri. Così, dopo un giorno di riflessione, lunedì sera ha chiamato Pradè e Barone per annunciargli le dimissioni. I dirigenti hanno capito. E martedì non è mancato un momento di commozione. Lo scrive Alessandro Bocci sul Corriere della Sera.
IL RETROSCENA, PRANDELLI SI ERA DIMESSO GIA DOMENICA SERA DOPO IL MILAN