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Lorenzo Amoruso:”Ai giovani attuali manca la fame, la cattiveria. Ai nostri tempi venivano fuori più talenti”

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Lorenzo Amoruso:”Ai giovani attuali manca la fame, la cattiveria. Ai nostri tempi venivano fuori più talenti”

Francesco Pistola

9 Settembre · 13:01

Aggiornamento: 9 Settembre 2021 · 13:01

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Come primo ospite abbiamo avuto il piacere di intervistare Lorenzo Amoruso, roccioso difensore centrale che con la Fiorentina ha alzato due trofei.

1) Si dice che quando stai per morire passano davanti agli occhi tutti i momenti della propria vita. Cosa le è passato invece davanti agli occhi l’8 ottobre 1989 quando ha debuttato in serie A alla scala del calcio ? Quali sono le immagini che ricorda?

L’esordio in serie A è stato un sogno che diventa realtà non solo per me, ma per tutti i giocatori che da bambino sognano di giocare a calcio. Esordire poi alla scala del calcio con un risultato ottimo è ancora più emozionante. Vincevamo 1-0 ad un quarto dalla fine, l’Inter quell’anno prese Trapattoni, era fortissima. E’ stata un’emozione gigantesca, ho rischiato anche in un contropiede di calciare in porta e di far gol ma questi sono dettagli. E’ stata un emozione infinita che lego molto a quella che è stata tutta la mia carriera. Lì tutto è cambiato, entri in un calcio incredibile. Quando raggiungi quel momento, capisci i tanti sacrifici che hai fatto, che sono stati utili. Avevo solo 17 anni, è stato pazzesco.

2) Nella vita di un calciatore ci sono spesso sacrifici da affrontare. Guardando ai giovani d’oggi del calcio nazionale ed internazionale, pensa che i giovani calciatori attuali hanno fatto gli stessi sacrifici della sua generazione?

I giovani attuali non hanno il senso di sacrificio perché i genitori di oggi si fanno in quattro per poter star dietro ai ragazzini, diventano quasi dei subordinati. Oggi tutti hanno infrastrutture molto più predisposte per la crescita di un giocatore. Noi abbiamo passato la nostra infanzia su terreni abbandonati, abbiamo rubato pali e traverse di legno e creato un campo. Le società subentrate erano sempre ai minimi termini, i soldi coinvolti erano praticamente nulla. Oggi chi va a giocare paga, è tutto un altro mondo. Manca quella fame, quella cattiveria che all’epoca faceva venir fuori molti più talenti. Oggi il percorso dovrebbe essere molto più semplice perché hanno tutto ma purtroppo manca la vera cattiveria dei giovani a voler arrivare a tutti i costi. Noi tutto ciò non lo avevamo, non ultimo il fatto che comunque ci sono le nazioni povere sula carta che continuano a sfornare tantissimi talenti come il Sudamerica e l’Est europeo. Son sempre quelle perché a livello economico son messi molto male. Ci stiamo riprendendo ma la strada sarà lunga.

3) Nel 1995 passa alla Fiorentina e nel 1996 apre le marcature nella finale di ritorno di coppa Italia contro l’atalanta. Coppa che alzerà insieme ai colleghi. Quali sono le emozioni che si provano nell’alzare un trofeo e quanta tensione c’è nel preparare una finale?

La notte di Bergamo, sarà un pezzo di cuore che non si spegnerà mai non solo nel mio ma credo in tutti i tifosi della Fiorentina. Al di là del gol fatto da me, che per un effetto personale resterà indelebile ma quella notte è stata veramente incredibile. Avevamo vinto 1-0 all’andata ma l’Atalanta ci aveva messo in grossa difficoltà, sapevamo che sarebbe stata una partita difficilissima, avevamo qualche infortunio. Dal punto di vista morale e fisico non eravamo messi benissimo. In campionato nelle ultime partite nonostante il Bati facevamo fatica a trovare la via del gol. Siamo andati a Bergamo con la promessa di lottare su tutti i palloni ed è quello che abbiamo fatto. Il mio gol ha sbilanciato la situazione, in contropiede abbiamo fatto il 2-0 ma è stato qualcosa di incredibile. Poi abbiamo subito l’attacco dei tifosi dell’Atalanta, siamo rimasti chiusi nell’autobus sdraiati per terra perché si respirava malissimo c’erano fumogeni lanciati a ripetizione. Siamo venuti via, arrivati a Bergamo in aeroporto ed arrivati a Pisa dove sapevamo che c’era uno stadio stracolmo di persone. Alle 4 di mattina non ce ne rendevamo conto quando siamo arrivati a Firenze, c’era uno stadio straripante di tifosi ubriachi di gioia. Un’emozione indelebile, io non avevamo mai vinto trofei da vero protagonista. E’ stato il mio primo vero importante, ridava lustro a Firenze dopo 26 anni. Qualcosa di unico, la gente ricorda ancora come se fosse ieri quel momento, è stato veramente storico ma anche appassionante per tutti coloro che come me l’hanno vissuto in prima. persona.

4) A maggio del 1997 passa ai Rangers di Glasgow. E’ giusto affermare che in Gran Bretagna si giochi un gioco più maschio e molto più intenso?

Sì, in Gran Bretagna si gioca un calcio molto più maschio, fisico, meno tattico. Secondo me è un po’ più spettacolare. Con l’arrivo di allenatori stranieri anche quello è migliorato, ma è un calcio molto più aperto, meno prevedibile ed è quella la spettacolarità. Il calcio inglese è pieno di grandi calciatori, attira tutti. Non esiste la partita in cui due squadre non si vogliono fare del male. In altri campionati a volte si vedono partite dove le due squadre si accontentano. In Inghilterra questo non succederà mai, c’è uno spirito di competizione molto più alto. Il pubblico stesso che si eccita o si incita se un difensore entra in scivolata. In Italia nessuno applaude, in Gran Bretagna anche per questo ci si emoziona. C’è molta più attenzione rivolta a tutto il mondo del calcio. Decisamente un altro mondo, lieto di averlo vissuto in maniera piena per ben 9 anni. Ho conosciuto tantissime persone e mi si è aperta la testa, ho imparato una lingua e mezza in più, dal punto di vista culturale sono riuscito moltissimo.

5) Cosa ha da imparare la serie A dalla Premier League?

La Serie A sta cercando un po’ di copiare la Premier League, nei sistemi, nelle situazioni anche di marketing con l’avvento di alcuni presidenti stranieri. La meritocrazia forse è la cosa più importante che si ha bisogno di riportare in Italia, questo in Gran Bretagna funziona. Noi a livello tattico siamo dei fenomeni ma a volte un po’ di spregiudicatezza in più non guasterebbe. In più ci sarà un motivo se le maggiori case di sponsorizzazioni vogliono solo la Premier. Calcio più avvincente e difficile da prevedere. Questo in Italia negli anni si è un po’ perso, lo stiamo riprendendo. Le nuove generazioni potranno essere importanti ma vanno guidate a questo traguardo.

6) Chi vince ha sempre ragione, chi perde ha sempre torto. Quanto si trova d’accordo con questa affermazione e se è possibile ci motivi la sua risposta.

Chi vince ha sempre ragione, chi perde ha quasi sempre torto perché se si parla di un campionato allora ci sono 38 partite, chi retrocede ne ha avute di occasioni per non retrocedere. Chi vince le ha sfruttate per far bene e quindi ha comunque ragione. Se invece si parla di una gara singola o di una finale, bisogna fare più attenzione a volte ci sono concomitanze particolari in cui puoi fare tutto per bene ma non riesci a vincere la partita. Avvengono spesso queste situazioni e non riesci a darti pace. A me ne è capitata più di una però si può fare poco, deve servire da lezione, bisogna imparare da queste trappole che la vita ti mette lì, farne tesoro e sfruttarle per il futuro.

7) Quanto conta la fortuna nella carriera di un calciatore, è importante o è solo marginale? Lei pensa di essere stato fortunato?

Credo che sia basilare in tutte le cose che facciamo. La fortuna credo che sia fondamentale, detto questo poi va coltivata, trattenuta con le unghie aiutandola, dandosi da fare. Io ho fatto tantissimi sacrifici. Ho conosciuto la prima discoteca dopo i vent’anni oggi non è così. Io tutti i weekend da ragazzino non ho mai fatto cose particolari, ero a casa perché la domenica dovevo giocare. La scuola mi portava via tutto il tempo libero. Se vuoi restare ad altissimi livelli devi fare altri sacrifici, tutti quelli che fanno una carriera lunga continuano a farli inevitabilmente. La fama è importante, potresti lasciarti andare, tanti ti corteggiano, devi saper scegliere. Devi saperti bilanciare bene. Prima non eri l’ultima persona al mondo, dopo che sei un atleta professionista devi essere comunque una via di mezzo. Devi rispettare chiunque, credo siano dei capisaldi che devono rimanere tali. La fortuna serve ma va davvero coltivata al posto e al momento giusto sennò sarebbe solo un breve lasso di tempo.

8) Lei ha partecipato a Celebrity master chef Italia. Quale ricetta consiglia alla società viola per ripartire e tornare a far grande la Fiorentina?

La ricetta è sempre un misto di cose, non c’è una formula magica che ti permette di risolvere tutto. Io quello che ho visto nella mia carriera è che occorre gente che mastichi calcio, gente umile, che conosca le dinamiche anche della città, della stampa e dei tifosi, di tutto quello che può essere un risvolto positivo e negativo. Chiaro che dipende molto dalle scelte che un allenatore fa, ma se la società ha le idee chiare, cosa che è sembrato poco negli ultimi due anni, ma giusto stanno conoscendo ora il calcio italiano. La ricetta la devi creare tu ed ha un tempo di scadenza, con alcuni potrebbe funzionare con altri no. La società deve essere brava ad essere camaleontica. Io fossi stato in loro avrei cercato di coinvolgere più gente attaccata a questo club da anni, che conosce i tifosi profondamente, e dargli spazio. Non c’è mai nessuno che ha la bacchetta magica e risolve i problemi.

Francesco Pistola

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