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Nazione scrive: “Bernardeschi? Se invece del certificato medico avesse scelto un’altra strada”

Firenze, stadio Artemio Franchi, 22.04.2017, Fiorentina-Inter, Foto Fiorenzo Sernacchioli. Copyright Labaroviola.com

Rassegna Stampa

Nazione scrive: “Bernardeschi? Se invece del certificato medico avesse scelto un’altra strada”

Redazione

13 Luglio · 08:08

Aggiornamento: 13 Luglio 2022 · 08:08

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TURIN, ITALY – OCTOBER 17: Federico Bernardeschi of Juventus FC during the Italian Serie A match between Juventus v AS Roma at the Allianz Stadium on October 17, 2021 in Turin Italy (Photo by Mattia Ozbot/Soccrates/Getty Images)

L’ultima istantanea scattata a Firenze nel 2017 non gli rende onore: un certificato medico che inviò alla società per evitare la convocazione a Moena, sfuggendo così al confronto con i tifosi viola nell’imminenza del suo passaggio alla Juventus. Non bene. Lo stesso, rivederlo oggi senza più una squadra a cercare a soli 28 anni un ingaggio oltremare come una vecchia gloria del calcio, più che far assaporare il gusto perfido della rivincita mette malinconia. Perché poche storie come quella di Federico Bernardeschi raccontano la fretta, la voluttuarietà e l’eccesso smisurato del calcio di oggi. Ricordate? A Firenze qualcuno lo chiamava Brunelleschi per il tratto artistico delle sue giocate: palla al piede, col sinistro scolpiva calcio.

E quando la Juventus se ne incapricciò, era il giocatore con più prospettiva dell’intero campionato. Per la storia viola, lui fu il primo dei tre gemelli diversi (Bernardeschi, Chiesa e Vlahovic) a ferire a morte la città con la sua fuga verso Torino. Per gli almanacchi bianconeri, rappresentò invece il passaggio di mezzo fra l’acquisto di Higuain e quello di Cristiano Ronaldo. Un campione in itinere che sembrava destinato a marchiare una storia alta dalle parti di Torino. Perché questa sia rimasta incompiuta, da ballerino di fila e non da etoille, è difficile da dire. Forse perché Bernardeschi in bianconero non è riuscito a determinarsi un ruolo: attaccante esterno, poi mezzala, poi trequartista, una volta anche terzino, allargando quell’enigma tattico che lo contraddistingueva dai tempi della Fiorentina di Paulo Sousa. Forse perché nel suo carattere non c’era e non c’è quella tempra e quell’equilibrio che aiuta a superare le difficoltà. O forse, semplicemente, perché cinque anni fa ha sbagliato il tempo e il modo del suo passaggio a Torino. Come insegna l’Ecclesiaste, nella vita c’è un tempo per tutto. E quello forse per l’incompiuto Federico non era ancora il momento per lasciare Firenze, città che lo avrebbe ancora protetto. Non è un caso se alla storia, dopo un suo errore sul campo in maglia bianconera, sia passata la frase che Allegri gli gridò infuriato dalla panchina. «Non sei più alla Fiorentina!».

Sembrò un rimprovero acido, era un manifesto di vita di calcistica. C’è un tempo per tutte le cose e se invece che mandare quel certificato medico bizzoso, Bernardeschi avesse scelto un’altra strada e un altro stile, attendendo il compiersi della sua crescita con un’educazione antica e non cedendo alla seduzione moderna della vanità, forse oggi racconteremmo di altro. Forse oggi non parleremmo di un giocatore che, a soli 28 anni, sembra incamminarsi su un personalissimo e triste viale del tramonto, costretto come un Buffalo Bill imbolsito a cercare ingaggi su palcoscenici lontanissimi dal calcio che contai. A chi tifa Fiorentina potrebbe sembrare l’avverarsi di una rivincita, a me pare ci sia solo la malinconia di un calcio che brucia talenti sull’altare di promesse di vanità oggi quasi impossibili da arginare.

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