Sembrano dettagli ma non lo sono affatto. Sono optional, certo, ma ti possono scaldare il cuore quando guardi il campo. È una questione cromatica. E di stile, identità. Dietro una maglia e dei pantaloncini ci sono ricordi, riferimenti, emozioni. E così le divise di una squadra fanno opinione. Poi conta altro, molto altro. Ma intanto, soprattutto d’estate, si discute anche di questo. Perché il calcio è anche moda e ognuno ha le sue idee.
Viene quasi da sorridere ripensando a quelle maglie anni ‘90 (con disegni improponibili) che ci stavi dentro due volte. Però dentro c’era anche Batistuta e allora tutto si perdona agli anni dello trash styling. E se ci pensate bene il logo della jd Farrow al centro della maglietta scatenò polemiche a non finire.
Ma quella Fiorentina sfiorò lo scudetto (mentre la città urlava “meglio secondi che ladri”) e oggi quel logo anni ‘80 lo ritrovi nei negozietti che vendono memorabilia viola per appassionati del genere. Ma il culto del vintage oggi domina ovunque: le auto, le moto e la moda, naturalmente, anche quella sportiva.
E questa volta il colpo d’occhio è una scossa emozionale: perchè le nuove maglie della Fiorentina e quel panta nero tanto invocato dai tifosi sono davvero qualcosa di superiore, di evocativo e al tempo stesso di maledettamente stiloso. «È stato un processo lungo, ma alla fine siamo davvero soddisfatti», dice
Massimo Mazza, country manager di Le Coq Sportif, l’azienda francese che per l’Italia ha in esclusiva il contratto con la Fiorentina, che scadrà nel 2020.
Ed è interessante capire cosa
c’è dietro certe scelte, quanti tentativi, quante prove, soprattutto pensando che l’ok definitivo deve arrivare da una società di proprietà di imprenditori della moda. «Ci confrontiamo con i giocatori, ovvio, ma è Andrea Della Valle che deve dare l’ok definitivo. Questa volta abbiamo faticato un po’ ad arrivare al via libera ma era inevitabile, soprattutto per la questione del tessuto».
Già, perché il tessuto sembra cotone. Cioè, è cotone, e forse a prima vista somiglia troppo a quello di una polo qualsiasi. Invece è molto tecnico, perché c’è poliestere e soprattutto fibra di ceramica, che serve ad asciugare il sudore in tempi rapidissimi».
Viene da chiedersi da dove arrivino gli input per determinate scelte. I pantaloncini neri, per esempio, hanno fatto godere molti tifosi non giovanissimi, quelli che si ricordano la Fiorentina fine ‘60 inizio ‘70.
Dice Mazza: «È chiaro che c’è sempre una ricerca storica intorno a certe scelte. Parliamo coi giocatori, creiamo dei focus group di tifosi che esprimono il loro punto di vista. Sono loro che hanno scelto i pantaloncini neri. E ci hanno spinto alla scelta dei colori del calcio in costume. Poi io ho i miei suggeritori personali, cioè i tassisti, quando passo da Firenze raccolgo sempre qualche idea nuova mentre giro per la città. Anche quella del testo del saluto alla voce, quello che viene fatto in campo prima della partita, e ricamato proprio sulla nuova maglia, che questa volta ha un punto di viola più scuro che riporta davvero a ricordi lontani. Il colore da abbinare ai pantaloncini neri lo abbiamo scelto noi, e abbiamo fatto mille prove. Serviva qualcosa di caldo e alla fine eccolo qui»
dice l’uomo di Le Coq Sportif, anche perché lavorare su una maglia è una storia lunga, che inizia già a settembre e trova la sua fine l’anno successivo, quando iniziano i primi test.
«Fu Davide Astori a fare le prime prove. C’erano i pantaloni troppo stretti e quel bottone che dava fastidio quando stoppavi la palla di petto. Così lo abbiamo fatto sottilissimo e protetto dalla stoffa in modo da non creare problemi. Alla fine i giocatori erano felici del risultato e questo per noi è quello che conta di più, oltre alle reazioni dei tifosi, naturalmente». Che hanno dato il loro assenso. Perché una maglia è la tua storia, e quella va trattata coi guanti. E con il cuore..
Benedetto Ferrara, Repubblica Firenze