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Uno scandalo dopo l’altro: la Juventus non ha dichiarato 34 milioni di debiti. Ronaldo vuole i soldi

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Uno scandalo dopo l’altro: la Juventus non ha dichiarato 34 milioni di debiti. Ronaldo vuole i soldi

Redazione

30 Novembre · 15:33

Aggiornamento: 30 Novembre 2022 · 15:33

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Galeotto fu Cristiano Ronaldo e il maledetto accordo per la riduzione dei compensi dei giocatori, che allora sembrava una benedizione e invece è diventata una condanna. Sul bilancio 2021-22 della Juve pesano soprattutto quei 34 milioni (19 dei quali destinati a CR7) che secondo la Procura di Torino non sarebbero ancora stati contabilizzati.

A spingere il club a modificare il progetto di bilancio di esercizio e il bilancio consolidato al 30 giugno 2022 sono stati, oltre alle criticità segnalati dalla Consob e ai rilievi di Deloitte&Touche, società di revisione del club, le annotazioni della Procura di Torino relative alla seconda “manovra stipendi”. Si tratta di accordi tra club e giocatori in periodo di pandemia (2019-20 e 2020-21) per la riduzione dei compensi.

Delle rinunce che in realtà erano delle dilazioni: alcune mensilità sarebbero state restituite in seguito, ma secondo il pool di magistrati dell’Inchiesta Prisma (composto dai pm Ciro Santoriello e Mario Bendoni e dall’aggiunto Marco Gianoglio) che indaga sui conti della Juventus dal 2018 al 2021, non sono stati contabilizzati nella maniera corretta. Quei 34 milioni (che sarebbero stati ricostruiti attraverso side letter ritrovate, ovvero scritture private) legati alla seconda manovra stipendi (2021) mancano all’appello ancora adesso ed è il motivo per cui, secondo l’accusa, la Juventus potrebbe approvare un altro bilancio fasullo. Dell’intera cifra, il club avrebbe dovuto restituirne quasi 20 a Cristiano Ronaldo (che corrispondono a tre mensilità dilazionate) ma che al momento non risulta siano stati incassati dal portoghese, che però avrebbe fatto sapere di volerli.

La famosa “Carta di Ronaldo” di cui parlano Federico Cherubini (non indagato) e il legale Cesare Gabasio, che “non si deve trovare”. Sempre nella stessa intercettazione Gabasio aggiungerebbe “Poi ci tocca fare una transazione falsa”: una conferma, per gli inquirenti, che ci fosse nella manovra stipendi l’intenzione del dolo. Ci sarebbero poi altre intercettazioni in cui si parla di debiti con l’Atalanta (circa 7-8 milioni mancanti, forse legati alle operazioni Demiral e Romero) e altre anomalie legate al dritto di riacquisto di alcuni giocatori (Cerri al Cagliari per esempio), messi a bilancio come plusvalenze ma per cui esistevano side letter che garantivano alla Juventus la possibilità di riprenderselo.

Le dimissioni di Agnelli, Nedved e Arrivabene hanno preceduto di pochissimo la richiesta di rinvio a giudizio per gli stessi (e non solo) che verrà presentata nei prossimi giorni. Ieri sono scaduti i termini per i 16 indagati (15 dirigenti più la Juventus) per presentare memorie difensive e farsi interrogare. Solo in 5 lo hanno fatto (ex sindaci ed ex revisori) e ora i pm dovranno valutare la loro posizione. Per gli altri (tra cui c’è anche l’ex capo dell’area sportiva Fabio Paratici, ora al Tottenham), indagati per false comunicazioni sociali, ostacolo all’esercizio degli organi di vigilanza, aggiotaggio informativo e false fatturazioni per operazioni inesistenti (tutti reati riconducibili al falso in bilancio) dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio.

La Procura però rinuncerà all’appello contro la decisione del gip di non concedere le misure di custodia cautelare: i pm avevano chiesto l’interdizione dalle cariche per Agnelli e altri dirigenti motivandola con il rischio di approvazione di un altro bilancio falsato (e quindi reiterazione del reato), esigenza venuta meno con le dimissioni del presidente. Intanto la strategia difensiva degli avvocati bianconeri prevede la richiesta di trasmettere gli atti da Torino a Milano, considerata procura competente in quanto si tratta di reati legati a una società quotata in Borsa. Una richiesta che gli inquirenti non sembrano intenzionati ad assecondare, per questo i legali del club e dei vertici societari valutano il ricorso alla Procura generale della corte di Cassazione. Lo scrive la Gazzetta

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